Psicologia
Donna

IL CORAGGIO DI CAMBIARE, IL CORAGGIO DI RISCHIARE


Vado, questa volta ho deciso che vado... e invece resto. Lo lascio…si, non posso continuare più ad essere svilita e trasparente ai suoi occhi…però oggi mi ha sorriso…mi sa che aspetto ancora un po’prima di separarmi da lui!. Si può cambiare lavoro, casa, paese o partner ma tutto ciò che si trasforma all’esterno si era già trasformato all’interno di noi e spesso facciamo fatica a capirlo. Il problema nasce quando opponiamo resistenza al cambiamento, anziché accoglierlo come incentivo a ri-raccontare la nostra vita. E allora ogni scusa è buona per rinunciare alla “vita nova” che desideriamo al ritorno da un viaggio, dopo un tradimento o una crisi matrimoniale o dopo la perdita di un lavoro.? Quale è la molla che ci spinge a cambiare rotta? Bisogna prepararsi bene perché il passaggio è tutt’altro che semplice. Ogni trasformazione inizia, di solito, con un'inquietudine indefinita a cui è difficile dare un nome, si prende coscienza che la vita che si sta conducendo non soddisfa più. C’è un prezzo da pagare, l’ansia da vivere, lo stress da respirare, un faccia a faccia con il senso di colpa per non desiderare più ciò che prima ci rendeva felici, un conflitto inevitabile da sopportare tra il desiderio di autonomia che si scontra con la paura di rimanere soli e di essere abbandonati o non accettai per quello che si è diventati. Il “vorrei ma non posso” è la fase peggiore, è quella dell’immobilismo, della chiusura con il mondo e con se stessi. Forse la chiave per avviare il motore della metamorfosi sta nel fare, pensare meno ma fare di più… magari ciò che non si era mai fatto prima, qualsiasi cosa va bene, anche spostare un quadro da una parete all’altra in casa, cambiare tragitto quando la mattina si va ad accompagnare i figli a scuola, scegliere un nuovo supermercato o una nuova acconciatura per capelli, stare zitti quando si è abituati a sbraitare se un automobilista ci taglia la strada o ballare buttandosi tra la folla in una discoteca se si è sempre ingessato il proprio corpo credendolo impacciato e goffo.

Un quadro di Jean Francois Millet.

 

 


Dott.ssa Mariacandida Mazzilli
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli