MA COSA E' L'AUTOSTIMA
Incoraggiamo i bimbi a studiare, : “Dai, su, forza, concentrati, lavora!” a volte i professori
dicono ai genitori: “ Suo figlio è intelligente ma non ha buona volontà!”. Come se in realtà
esistesse una “buona volontà” che possa spingere un ragazzo allo studio, alla conoscenza
di qualcosa. Per impegnarsi, concentrarsi, appassionarsi si ha bisogno di un
coinvolgimento e dovremmo essere noi adulti a dover suscitare in loro interesse, qualcosa
si muove profondamente se esiste un’attrazione. Spesso mi capita di parlare con genitori
che preferiscono comportarsi come “amici” con i loro figli, sono quelli che hanno
probabilmente timore ad entrare pienamente nel ruolo genitoriale, fanno fatica a costruire
un dialogo, la sera stanchi dal lavoro, di fronte a dei disegni che il bimbo mostra loro, si
limitano a rispondere: “Ora sono stanco, devo fare da mangiare, me li farai vedere
domani” ma questo domani corrisponde a mai naturalmente! I bimbi comunicano giocando
a quel particolare gioco che sta loro più a cuore, fanno vedere come funziona la loro
emotività con i disegni, con i colori che scelgono per dipingere e con gli interessi che
riscuotono quando mostrano agli altri ciò che hanno realizzato. E se un genitore, di fronte
al disegno del bambino, è distratto, disinteressato e addirittura rimanda a domani allora il
bimbo potrebbe dire a se stesso che quello che ha dipinto non è interessante pertanto
sente di non valere niente. Così si incrina anche la sua identità oltre che l’autostima.
L’identità non è qualcosa che si ha per natura o per cultura, l’identità è un dono sociale, il
concetto che io ho di me lo devo a coloro che mi hanno riconosciuto, me la dà l’interazione
con gli altri, se il genitore mi dice che sono bravo e anche la maestra mi dice che sono
bravo allora nasce in me un’identità positiva. Pensiamo per un attimo al mobbing sul posto
di lavoro (insieme di comportamenti persecutori che tendono ad emarginare una persona
dal gruppo di appartenenza tramite violenza psichica, umiliazioni etc) che conduce alla
disintegrazione dell’identità e purtroppo in alcuni casi anche al suicidio. Già all’età di 3 anni
si formano le mappe cognitive, cioè la modalità di conoscere il mondo, così come le
mappe emotive cioè il modo in cui risuonano dentro di noi gli eventi che accadono. E’
fondamentale stimolare i bimbi ad esprimere le loro emozioni, “Che cosa senti? che effetto
ti ha fatto ciò che è accaduto oggi a scuola?” Se i ragazzi non sentono grande differenza
tra ascoltare un professore e prenderlo a calci oppure corteggiare una ragazza e stuprarla
vuol dire che la risonanza emotiva dentro di loro non si è sviluppata, l’emozione non
funziona perché non si è formata, non riescono a comprendere la gravità delle loro
emozioni. E’ importante non perdere di vista i bimbi soprattutto quando fanno dei passi in
avanti, quando creano, quando interiorizzano concetti nuovi o comprendono il significato
delle loro emozioni, essere pronti a restituire loro sempre dei segnali positivi, rinforzare
ogni miglioramento, seppur minimo. Quando a scuola ci si ferma ad un livello impulsivo,
come fanno i bulli per esempio, non si usa più il linguaggio, ci si esprime con i gesti, si
mette sullo sfondo il pensiero, ci si esprime con i gesti. Cosa fa allora un bullo? Alza la
voce, è prepotente, mena perché gli piace menare perché il suo modo espressivo è quello,
così ha imparato a comunicare a casa sua e così lo riproduce nella società. La scuola lo
sospende invece io ho sempre avuto l’idea che questa tipologia di bimbi abbia bisogno di
sostare a scuola il doppio del tempo, incoraggiando così il passaggio dalla pulsione ad un
livello superiore, cioè all’ emozione. Raggiungere l’emozione e lasciare indietro la pulsione
vuol dire che quello che faccio mi risuona dentro, che mi accorgo che differenza c’è tra
bene e male, tra giusto e ingiusto, tra vero e falso e tra buono e cattivo. Ragazzi che
uccidono e poi vanno a bere una birra come se niente fosse, come se quel particolare
giorno sia stato esattamente uguale agli altri giorni e non sia risuonato niente dentro di
loro…è in questi casi che possiamo vedere più da vicino cosa significhi avere la psiche
apatica, non registrare sentimento. Il deficit emotivo è collegato alla bassa autostima, ad
una confusione circa la considerazione di se stessi. Una persona che ha sentimento non
aggredisce un handicappato, non tortura gli animali, non uccide una donna. Bisogna dare
forma ai sentimenti, non ci sono donati per natura. I bambini devono sapere che esistono il
male, il dolore, la morte attraverso le storie, i racconti, non bisogna tenerli a riparo dalla
realtà. Raccontando le emozioni negative, possono cominciare a conoscerle senza per
forza esserne invasi profondamente ma con quella giusta dose che permetterà loro di
comprendere che il mondo non sia tutto buono. E’ importante che i bimbi abbiano dei
sogni, se si hanno dei sogni si può lottare per quello in cui si crede, che più appassiona,
ma se non si hanno dei sogni non si realizzerà nulla. I sogni, le passioni, i sacrifici per
realizzarli incoraggiano l’autostima, la buona considerazione di sé. Non è necessario per
forza raggiungere il successo ma è essenziale fare fatica, inseguendo ciò che genera
dentro di sé sentimento, attrazione, concentrazione.
Un quadro di Claude Monet.