Psicologia
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DENTRO DI NOI: IL POSTO PIU IMPORTANTE AL MONDO


All’età di 12 anni facevo parte di una squadra di basket, cioè non esattamente…diciamo che mia mamma mi aveva iscritta all’associazione sportiva di basket perché era importante per una ragazzina della mia età intraprendere almeno uno sport. I pomeriggi dopo scuola erano dedicati agli allenamenti, il fine settimana si facevano le partite, io non giocavo mai, ero contenta così. Una mattina l’allenatore mi chiese di andare a giocare una partita fuori città. Tre giocatrici erano a letto con l’influenza, sarei stata solo in panchina. Ok. Indossai la maglietta con il numero. Durante la partita una ragazza della mia squadra si fece male al polso, un’ altra era troppo stanca, aveva bisogno di riposarsi qualche minuto. “Forza Mariacandida, ora tocca a te, stai in campo il più possibile, giusto il tempo per far riposare le altre…ok?”. “Si, certo, va bene allenatore, farò così!”. In campo sentivo un po' freddo, le mani erano ghiacciate…Un’ avversaria mi spinse, caddi a terra, mi rialzai, mi arrivò una pallonata sulla guancia, molto dolore, non importa, sopportai il colpo…ad un certo punto, mi passarono il pallone, oddio…pensai, sarà arrivato il mio momento, devo fare qualcosa, devo portare il mio contributo. Cominciai a correre palleggiando, mi sentivo leggera, nessuno intorno a me, pochi ostacoli, nessun ostacolo, mi concentrai sul canestro…ecco, i tre passi del terzo tempo e poi…canestrooooo, si feci canestro!!!... Silenzio nel palazzetto dello sport, gelo intorno a me. C’è voluta una manciata di secondi per comprendere che avevo fatto canestro sì…ma nel canestro della mia squadra, un misero autogol! … Provai una vergogna profonda… ecco perché non c’erano ostacoli, ecco perché era stato così facile raggiungere il canestro! ... L’allenatore mi abbracciò. “Non preoccuparti, tranquilla, vai a sederti in panchina”. Non potrò mai dimenticare l’espressione del suo viso… Forse ce l’aveva con me, forse gli facevo solo pena, chissà, magari si stava chiedendo quanto grave fosse il mio ritardo cognitivo poiché avevo compiuto un atto evidentemente senza senso…durante il viaggio di ritorno in pullman mi isolarono oppure io stessa mi isolai dalle altre, in effetti non ricordo bene, erano molto confusi i miei stati d’animo, in quella giornata c’era stata un’unica protagonista: la mia ansia!…Lasciai l’associazione sportiva anche se l’allenatore e le ragazze mi chiamarono più volte per persuadermi a tornare. I pomeriggi erano un po' vuoti senza le mie amiche della squadra, avevo un magone in gola, avevo nostalgia anche dell’allenatore però non mi mancavano affatto gli allenamenti. Forse non mi piaceva poi così tanto giocare a basket! Giorni dopo per caso, dimenticata tra le scartoffie della libreria, trovai una rivista un po' particolare. Titolo della rivista: “IL Dramma”: rivista mensile di commedie teatrali. Anno di pubblicazione: luglio 1946, costo 100 lire. Le pagine erano morbide, la carta utilizzata un po' vintage, ingiallita ma mi piacque subito al tatto, sulla copertina disegnate caricature di attori. All’interno c’erano racconti, storie d’amore, storie di liti, di bugie, di gelosie, di famiglie e di imbrogli. “Ma che bella invenzione questo teatro”!. I pomeriggi con il basket presero ben presto il posto dei pomeriggi in compagnia delle riviste “Il Dramma”. Mi feci regalare tutte quelle che conservava nonno al paese. Leggevo le commedie ad alta voce cambiando intonazione se interpretavo la parte di una donna o quella di un bambino, era molto divertente essere ora quello ora quell’altro personaggio. Ero curiosa…mi facevo tante domande fantasticando le risposte…come mai quella moglie ha raccontato bugie a suo marito? Perché questo personaggio ci tiene così tanto al Presepe la notte di Natale? Perché quell’uomo parla con i fantasmi sul balcone? Ma li vede solo lui? Mi sentivo a mio agio in quello spazio privato insieme a tutti quei personaggi, stavo bene, durante la lettura non pensavo più a quello che non sapevo fare o a quello che non mi piaceva fare, non mi sentivo più inadeguata e goffa, invece provavo una sensazione di pienezza e benessere diffuso. Ho preso in prestito questo mio piccolo frammento di ricordi per darvi un’idea, seppur in grandi linee, di quello che si intende per interiorità. Il mondo interiore è uno spazio speciale dove le nostre esperienze emotive, frutto di un’interazione continua con ciò che è fuori di noi, vengono a depositarsi profondamente dentro di noi creando un senso, il nostro senso… è ciò che pensiamo di noi stessi, è la capacità di comprendere ciò che ci fa stare bene, ciò che ci crea ansia, ciò che ci piace veramente e ciò invece che non fa parte della nostra natura(il basket nel mio caso)ma che decidiamo di intraprendere solo per far contento qualcun altro, sperando così di diventare amabili. E’ il luogo dove si nascondono i nostri traumi, dove si chiariscono i nostri affetti più sinceri, dove le paure si moltiplicano indisturbate. E’ una spazio dove nascono le nostre contraddizioni, i nostri conflitti, le nostre insicurezze ma anche i nostri punti di forza e la nostra predisposizione alla creatività. Anche i sogni fanno parte del mondo interiore, voci profonde del nostro inconscio. Più ci impegniamo a conoscere questo nostro mondo prezioso, maggiore sarà la nostra capacità di condurci verso lidi sereni e in armonia con noi stessi. Ognuno ha un mondo interiore speciale, unico, differente da tutti gli altri. Il nostro posto più importante del mondo va protetto, coltivato costantemente, trascurarlo sarebbe come lasciare andare noi stessi ad un “falso sé” creando aspetti non autentici della nostra personalità. Allora diventa fondamentale rimanere collegati il più possibile alla nostra interiorità, mettersi in ascolto di tutte quelle voci profonde che ci appartengono anche se la tentazione di prenderne le distanze diverta forte quando si vivono momenti molto dolorosi. In quella me 12 enne, ancora inconsapevole, stava prendendo vita la casa interiore dove sensazioni affettuose verso i rapporti familiari, d’amicizia, entusiasmo per nuove scoperte si mescolavano un po' scompostamente ad emozioni d’angoscia, di vergogna, di delusione, di senso di colpa, di inadeguatezza. Possiamo scegliere di abitarla la nostra casa interiore, oppure possiamo scegliere di non farlo. Se decidiamo di cercare noi stessi dentro di noi e non fuori di noi, il nostro sentire diventerà la nostra guida, strumento fondamentale per vedere al di là dell’evidenza, al di là dei fatti. E allora impariamo a rispettare ciò che sentiamo e dargli importanza, la nostra anima diventerà ricca e forte!. Io sono una grande tifosa del mondo interiore, credo che creare una sana alleanza con lui possa aiutarci ad attraversare il dolore e a rinascere persone più solide e consapevoli e quindi anche più libere. Quanti colori ha il vostro mondo interiore? Siete in sintonia con voi stessi o pensate di esservi un po' trascurati?


  Dott.ssa Mariacandida Mazzilli







Una copertina della rivista de: “Il Dramma”







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Dott.ssa Mariacandida Mazzilli