Psicologia
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IL SILENZIO STA PARLANDO...ASCOLTIAMOLO!


Il mio primo paziente è stato un paziente molto silenzioso...silenziosissimo! Praticamente muto. Non muto nel senso che non aveva la possibilità di parlare a causa di qualche disfunzione fisica ma muto nel senso che rimaneva completamente in silenzio per tutta la durata delle sedute! Entrava in studio, mi salutava con la mano, si sdraiava sul lettino e poi stop, nessuna comunicazione, nessun tentativo di contatto. Un'esperienza incredibile, assai faticosa per una giovane psicoanalista alle prime armi! Durante quei silenzi mi sentivo a disagio, avevo voglia di fuggire, speravo che il paziente se ne andasse il più presto possibile, avevo messo in discussione la mia scelta professionale, forse mi ero sbagliata, forse non avevo gli strumenti giusti per affrontare il lavoro clinico. Forse non era quello che volevo fare da grande!. Ogni giovedì (il giorno dell'appuntamento con quel paziente) mi svegliavo con una congiuntivite all'occhio destro, mi lacrimava e poi il venerdì successivo smetteva di lacrimare. Insomma anche il mio corpo mi stava dando segnali di disagio profondo. In studio, dentro quel silenzio assordante, si sentiva solo il tintinnio della mia gamba che, accavallata, dondolava nervosamente sotto la scrivania e andava a colpire i bordi della poltrona sulla quale ero seduta. Non ne potevo più, ero decisa a chiudere il rapporto terapeutico con quel paziente e tenerlo finalmente lontano dal mio studio, dalla mia vita, dai miei pensieri, dal mio occhio destro che lacrimava. Poi un giovedì, mentre scarabocchiavo arzigogoli su un foglio bianco, sbadatamente mi scivolò la penna dalle mani e, tentando di riacchiapparla al volo per non “disturbare” il paziente, come al solito silenzioso e immobile sul lettino, diedi una gomitata all' orologio di porcellana il quale cadde a terra, frantumandosi in mille pezzi...un grande tonfo inatteso e sgradevole. Mi scusai con il paziente per l'accaduto, lui scoppiò a ridere e mi disse: “Dottorè...ho vinto io, ho vinto io...lei ha parlato prima di me, sono più forte io”! Dal quel momento il paziente, spontaneamente, cominciò a raccontarmi qualcosa della sua vita. Ancora oggi, a distanza di 25 anni, ricordo con affetto e gratitudine quel mio primo paziente che, a modo suo, mi aveva insegnato a stare nel silenzio, nel mio silenzio, nel suo silenzio, nel nostro silenzio e su una cosa aveva davvero ragione: “Lui era più forte di me!”. Lui, a differenza mia, aveva fatto esperienza del silenzio, anzi il silenzio era diventato il suo compagno, il suo speciale rifugio contro la solitudine di una vita familiare molto dolorosa. In studio comunicava con me con il silenzio, come del resto era abituato a fare per proteggersi e mantenere le distanze dai suoi familiari. Evidentemente c'era anche tanta rabbia in quel suo silenzio, tanto rancore. In effetti abbiamo tutti un po' paura del silenzio. C' è chi ha sempre bisogno di distrarsi con qualcosa per non sentire il rumore dei propri pensieri, immagini tristi, tormentose non ancora pensate che non si ha voglia di incontrare. Allora da soli in casa si preferisce tenere accese di continuo la televisione e la radio e poi c'è sempre qualcuno da chiamare al telefono. In molti abbiamo conosciuto il silenzio punitivo del narcisista. Quel silenzio tagliente che ha l'obiettivo di punirci perchè abbiamo disubbidito o abbiamo alzato la cresta e ci siamo ribellati alle richieste del narcisista. Questo tipo di silenzio ha proprio l'intento di spegnerci, di annullarci, umiliarci, serve al narcisista per riprendere le redini del potere su di noi. Di fronte al silenzio punitivo dobbiamo stare attenti, è facile sentirsi in colpa, far vacillare la propria autostima, rimanere disorientati. Non riusciamo a capire perchè il narcisista stia in silenzio non rispondendo alle nostre chiamate, ai nostri messaggi. Sarebbe un errore rincorrerlo, elemosinare affetto, implorare spiegazioni che lo hanno spinto a chiudersi nel silenzio, finiamo per credere di aver fatto veramente qualcosa di sbagliato. Non dimentichiamo che il narcisista utilizza il silenzio come arma, se si allontana, attivando il silenzio, probabilmente non è molto interessato a noi. E quando è lontano non sente di certo la nostra mancanza, anzi, ne approfitta per farsi i fatti suoi e coltivare altre realtà relazionali, per lui molto più interessanti e stimolanti. Chi ci vuole bene davvero rimane a parlare con noi, si sforza di spiegarsi, di condividere. E' importante non dubitare di cosa si prova, la manipolazione psicologica del silenzio serve proprio a far dubitare, a rendere tutto irreale. Allora come proteggerci? Imparare a non fare la guerra al narcisista, inevitabilmente si perderebbe perchè si ragiona su piani diversi. Costruiamo uno scudo tra noi e il silenzio punitivo del narcisista, allontaniamoci, se ci riusciamo azzeriamo tutti i contatti con lui, manteniamo le distanze, costruiamo confini ma senza dare troppe spiegazioni, non servirebbe a nulla. E poi c'è il silenzio costruttivo quello che serve per ascoltare davvero i sentimenti, le emozioni, le parole proprie e quelle dell' altro...è il silenzio che preferisco, quello che fa bene all'anima. Quando c'è lui, rimanere soli in casa non diventa più un problema anzi ci aiuta a godere di ogni piccolo aspetto della nostra realtà. Nel silenzio costruttivo riusciamo ad ascoltare la nostra voce più profonda, stiamo soli con noi stessi che poi non è uno stare soli ma uno stare in compagnia di noi stessi. Stare bene nel silenzio rappresenta un importante traguardo per la nostra autonomia e libertà interiore. Dietro ogni silenzio si cela un significato, sta a noi coglierne il senso e utilizzarlo per costruire e migliorare la nostra vita relazionale.



  Dott.ssa Mariacandida Mazzilli








Un quadro di Edward Hopper.





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Dott.ssa Mariacandida Mazzilli