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IL SENSO DI COLPA


Quando ci sentiamo in colpa stiamo prendendo coscienza della sofferenza dell’altro, capiamo di stare oltrepassando dei limiti e siamo costretti ad una messa in discussione e ad un’assunzione di responsabilità. Chi è abituato a sentirsi in colpa deve certamente essere di animo sensibile e persona responsabile. Nel momento della colpa si avverte un disagio e ci si rimprovera quando percepiamo di stare facendo qualcosa che infrange il nostro codice morale, perseguitandoci fino a quando non ci attiviamo per rimediare con un gesto riparatore. Cercare di “evitare” il senso di colpa, significa comportarsi in modo da evitare di fare del male ad un’altra persona o meglio da evitare quello che crediamo possa fare del male all’altra persona. Il senso di colpa è una reazione naturale ad una nostra azione percepita da noi come cattiva, illecita, crudele o disonesta: una volta riconosciute le proprie responsabilità e prese le misure correttive, il campanello d’allarme della mente termina la sua funzione. Tuttavia può succedere che la colpa non sia collegata ad un atto specifico, ma nasca da un senso di inadeguatezza non compreso, da un senso di incapacità, di malessere non chiaro, può cioè scaturire da scenari più profondi della nostra interiorità, non necessariamente associati all’esperienza di vita pratica, trasformandosi in un’angoscia legata alla convinzione di essere inadeguati, inferiori, incapaci di essere amati e apprezzati. Il sentimento di colpevolezza nasce dal nostro “giudice interiore” che ci mette di fronte agli insegnamenti che abbiamo ricevuto dai nostri genitori, dalla religione e dalla regole sociali, come se si dovesse pagare un prezzo in termini di sofferenza interiore per avere osato desiderare qualcosa di vietato. Infatti basta solo aver pensato di violare una “regola” per vivere una sensazione di disagio, per non sentirsi più la coscienza pulita. Il bambino impara molto presto a sentirsi in colpa per non aver soddisfatto le aspettative degli altri e spesso quando è spettatore di un divorzio, di una malattia o di una sofferenza dei genitori, si convince di essere responsabile, come se effettivamente tutto ciò che è doloroso o “negativo” fosse, per qualche ragione, colpa sua. Il sentimento di colpevolezza può celare un senso di onnipotenza (“è tutta colpa mia!”), una specie di volontà di controllo sugli altri e su ciò che si vive, un meccanismo perverso che ci costringe a vivere nella dipendenza, lasciando agli altri il potere di liberarci. La maggior parte delle persone che si sentono “colpevoli” soffrono, in qualche modo la paura dell’abbandono, il timore di perdere un amore o l’approvazione degli altri. Il sentimento di colpevolezza infatti induce ad adottare una certa condotta in funzione della fedeltà al gruppo di riferimento, al di fuori del quale ci si sentirebbe persi. La possibilità di fare una scelta fuori dal coro spaventa, è forte la tentazione di rimanere fedeli al gruppo rinunciando a se stessi e alla propria vera identità. Crescere vuol dire anche liberarsi dai condizionamenti e dalla paura di infrangere imposizioni e regole, adottando un comportamento rispettoso verso il gruppo, ma senza rinunciare a sé. Alcune madri sono esperte nel far leva sui sensi di colpa dei figli e sanno, meglio di chiunque altro, come ottenere da loro quello che vogliono, riuscendo a colpirli proprio là dove sono più vulnerabili. Frasi taglienti, apparentemente innocue, creano mostruosi sensi di colpa, malessere e senso di inadeguatezza e hanno il potere di trasformare il figlio in un “bambino cattivo”. “E così hai deciso di andare a studiare fuori città…così non ti vedrò per mesi”…L’operazione più difficile per un figlio è quella di comprendere profondamente che sia la propria mamma ad attivare una manipolazione e che non è lui ad avere torto. E’ difficile proprio perché la madre che colpevolizza lo fa da sempre e ormai il senso di colpa si è completamente impossessato del figlio che fatica a vedere il vero e proprio abuso di potere che la madre mette in atto. Da adulto, si vedrà costretto ad affrontare la paura di essere rifiutato se non soddisfa puntualmente i bisogni della madre o del partner o di chiunque è a lui legato. E’ necessario individuare l’esistenza del senso di colpa, capire cosa stia succedendo. Può succedere di sentirsi nervosi o inadeguati dopo un dialogo con i propri genitori o con il proprio partner, di avere mal di testa, di accorgersi che i commenti dell’ altro abbiano il potere di spegnere ogni entusiasmo e che tutto l’impegno profuso per tentare di accontentarli non basti mai. A volte diventa indispensabile mantenere le distanze e imparare a dire di no, ma prendere la situazione di petto potrebbe essere rischioso perché l’altro potrebbe offendersi, smettere di parlare, accumulare rancore ed infine esplodere, incatenandoci ancora di più. Conoscere se stessi, guardarsi dentro è sicuramente lo strumento più adatto per affrontare i sensi di colpa i quali hanno origine nell’infanzia e condannano a scontare una pena nel quotidiano in età adulta, una pena fatta di mortificazioni inutili auto inflitte. E’ importante individuarne la fonte, fare pace con il proprio passato, liberandosi così di fardelli pesanti che forse non riguardano più quello che siamo o che facciamo, ma solo quello che siamo stati o che abbiamo vissuto. Questo lavoro su se stessi è una sorta di ritorno all’autenticità, uno sforzo ad essere più adesivi ai veri bisogni e desideri. Uno dei pericoli è quello di “lasciarsi vivere” orientandosi verso scelte senza ambizioni o evitando accuratamente obiettivi impegnativi. Vi è mai capitato di sentirvi in colpa?



  Dott.ssa Mariacandida Mazzilli








Un quadro di Federico Zandomeneghi.





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Dott.ssa Mariacandida Mazzilli