Psicologia
Donna

LA DEPRESSIONE NELLA DONNA


Chi non ha mai provato almeno una volta nella vita angoscia, frustrazione, disorientamento, disperazione e timore di scivolare nelle rete della depressione? A volte siamo costretti a navigare in alcune dimensioni emotive un po’ scomode che rimettono a soqquadro completamente la nostra identità. Di depressione può soffrirne il bimbo e l’adolescente, non ancora pronti a dare un senso e una definizione a ciò che sta succedendo nella propria esperienza intima di dolore, ne può soffrire l’uomo che raramente si impegna a chiedere aiuto ma che preferisce immergersi in incessanti attività facendo finta che tutto sia a posto e che quel senso di malessere ignoto ed oscuro finirà magicamente prima o poi. Di depressione si tormentano anche tante donne forse più predisposte a individuare un proprio stato di crisi e a chiedere sostegno, in realtà numerose sono quelle che si riconoscono proprio nel ruolo di “depresse” e si nascondono dietro questa classificazione punendosi ingiustamente. Con questa etichetta addosso qualsiasi forma di ripresa potrebbe rallentare infatti la cura e il cammino verso la rinascita prendono il via proprio dalla capacità di reazione, proporsi solamente come ammalate e vittime del mondo intero, ci deresponsabilizza, lasciandoci certamente ferme sul posto. Individuare in tempo quelli che sono i segnali iniziali di questo “male oscuro” semplificherebbe l’elaborazione di una conoscenza più profonda di sé, diventando donne più autonome e solide. Alle mie pazienti sottolineo sempre quanto sia importante prendere consapevolezza di sé: i nostri stati d’animo oscillano in continuazione, ora si affievoliscono per poi prendere ben presto vigore, imparare a comprenderli, a dare un nome alle proprie emozioni significherebbe esserne meno terrorizzate e saper leggere al momento giusto l’intensità di quella angoscia o la preoccupazione per quella particolare fobia senza arrivare ad esserne soggiogate. Non provo tanta simpatia per coloro che si mostrano sempre esageratamente allegre e febbricitanti, che dichiarano quanto sia fantastico vivere…credo che la vita regali momenti belli e brutti, noi abbiamo l’ opportunità di viverla così come si propone. Seguendo il flusso naturale di ciò che avviene si possono avere maggiori possibilità di accogliere, senza avere la necessità di schivare, quelle fasi depressive che si propongono inaspettatamente. E’ solo facendo esperienza di dolore che si può entrare veramente in contatto con le parti profonde di sé. I sintomi depressivi sono ahimè uguali per tutti ma personalmente il mio interesse si concentra maggiormente sulla predisposizione tutta al femminile di scivolare spesso e volentieri all’interno di questo male. Ho riscontrato che la donna non viva tanto la passività e la rassegnazione durante il picco depressivo quanto invece grande ansia e preoccupazione. La sensazione di sentirsi svuotate e spente e la paura che stia per succedere qualcosa di brutto da un momento all’altro accompagnano crisi di pianto, insonnia, emicrania, gastriti, dermatiti, disturbi alimentari, attacchi di panico. L’ansia, nella fattispecie, è collegata al senso di inadeguatezza e alla mancanza di controllo. Le donne più emotivamente sensibili si convincono che si possa vivere di solo amore e di sole relazioni senza aver bisogno di interessi e passioni intorno alla propria personalità. Affidando ad un uomo, ai figli e alle amicizie la propria felicità, le paladine del sacrificio si predispongono a scivolare con maggior facilità nella rete depressiva. Si prendono troppo sul serio, fanno tutto investendo il massimo delle energie, compiacendo gli altri. Si sa che le donne riescono a fare più cose contemporaneamente, si affannano a far sì che tutti in famiglia possano essere accontentati, sempre pronte, sempre disponibili raramente concentrate a proteggere uno spazio per sé. Quanto grande sia il bisogno di essere apprezzata, desiderata, accettata, ogni donna lo sa e sa anche quanto facilmente possa essere messo in pericolo il suo “posto nel mondo”. Per questo motivo, a volte la famiglia si può trasformare in una gabbia per la donna. Una giusta distanza tra condividere con gli altri e preservare uno spazio di autonomia per sé, tutela dal sentirsi troppo condizionata e vincolata e soprattutto aiuta a fare a meno del delirio di onnipotenza. Ma la donna è anche abile nel colpevolizzarsi per ogni cosa, disabituata, anche per tradizione culturale, a concedersi emozioni aggressive, implode dentro, soffocando conflitti e frustrazioni. Forse questa tendenza a farsi cullare spesso e volentieri da quei pensieri tragici e tormentati aiuta a stemperare un pò i sensi di colpa e il bisogno inconscio di espiazione. Va restituita agli altri la giusta dose di responsabilità, conservando solo quella che appartiene veramente a sé. Molte crisi depressive al femminile prendono vita intorno all’esperienza della maternità, periodo questo molto delicato durante il quale si fa fatica ad accogliere e accettare tutti quei sentimenti ambivalenti vissuti nel passaggio da figlia a madre. La nostra società dipinge la maternità come qualcosa di esclusivamente bello (certo ma non solo) unico, irripetibile; nelle pubblicità sorridono neo mamme giovanissime, perfette, bellissime e felici. Ma questa non è la realtà! Come fa una donna a poter confidare serenamente e liberamente i propri dubbi, la stanchezza per le ridotte ore di sonno, la frustrazione per non avere più tempo per sé, come fa ad esprimere la preoccupazione per non sentirsi bella come prima, dove lo trova il coraggio di ammettere che un figlio possa essere amato e odiato nello stesso tempo? L’amore materno non è mai solamente amore ma prevede anche il pensiero del rifiuto del figlio. Allontanarsi da quelle sensazioni apparentemente oppositive come il risentimento, il dispiacere per esempio, significherebbe per la donna tradire se stessa, non prendere contatto con le parti più autentiche di sé e quindi, ancora una volta, rischiare la depressione. La fine di un amore, un tradimento, un lutto per una persona cara, una separazione, il periodo della menopausa, l’allontanamento dei figli che ormai grandi scelgono di andare a vivere per conto loro, possono contribuire a scatenare periodi depressivi nell’animo femminile. E’ raro che un evento da solo possa dar vita ad una reazione depressiva, di solito coesistono e si intrecciano più concause sia di natura caratteriale che legate alla circostanza che si sta vivendo. All’inizio, quando il malessere si fa acuto ci si convince di non farcela, è doveroso per se stesse fare di tutto per rimanere a galla, chiedere aiuto ed eventualmente collaborare con lo psicoterapeuta e o psichiatra anche prendendo farmaci se necessario. Nel mentre raccomanderei di non organizzarsi in mille attività, iscriversi a tanti corsi, buttarsi sul lavoro a capofitto etc, suggerirei invece di economizzare le proprie energie, fare ciò che ci si sente di fare senza esagerare, andrebbe bene anche il minimo indispensabile. E’ importante anche accogliere la tristezza se ci si riesce, ripiegarsi su di sé ascoltandosi come non lo si era mai fatto prima, chiacchierare con quella amica che veramente è in grado di un ascolto autentico e sottrarsi da quelle situazioni di gruppo troppo rumorose e metalliche prive di empatia. Una volta stemperati i sintomi più aggressivi, la cura può concentrarsi maggiormente su di una analisi individuale più profonda dove cercare di mettere a fuoco il funzionamento della propria emotività, convogliare l’interesse non tanto su cosa ha potuto scatenare la crisi ma su come si è predisposte a relazionarsi con gli altri. Domandarsi quanto grande sia la fiducia nelle proprie risorse e quanto si è portate a delegare al prossimo la propria felicità. L’esperienza della depressione non si può dimenticare, tutto ciò che accade viene registrato dentro per sempre, bisognerebbe approfittare di ciò che si è in grado di leggere, per poi far tesoro di tutte le informazioni, equipaggiandosi nel caso in cui questo “mal di vivere” dovesse in qualche modo ripresentarsi. Può succedere che si riaffacci ma difficilmente con l’intensità della prima volta. Dopo il crollo depressivo non si è più le stesse persone di prima, se qualcosa si è inceppato ad un certo punto vuol dire che quel personale modo di funzionare non andava più bene. Tutto ciò che avviene successivamente è solo cambiamento che è bene accogliere e accettare senza irrigidirsi, allentando quella sterile tendenza al controllo tipica delle gentil sesso. Un segnale di ripresa si manifesta proprio nel momento in cui ci si interroga da che cosa si è attratte, quali siano i propri gusti. Quante donne raccontano poi di aver cambiato interessi e abitudini e di sentirsi diverse, in meglio, si intende!



  Dott.ssa Mariacandida Mazzilli








Un quadro di Suzanne Valadon.





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Dott.ssa Mariacandida Mazzilli