Psicologia
Donna

ANCORA E ANCORA VIOLENZA SULLE DONNE MA PERCHE'?


Quanti femminicidi! Muore una donna ogni due giorni!. Uomini che non riescono ad accettare la separazione uccidono ex mogli. Figlie che tentano di salvare madri dalla violenza dei padri vengono uccise dal proprio padre. Donne di tutte le età vengono violentate per strada, di giorno, di notte, nei portoni dei propri palazzi, in un parco mentre fanno jogging. E Basta! Lo so, non è una grande novità, la donna è stata sempre facile vittima nelle mani dell'uomo, ce lo insegna la storia tuttavia la situazione sta diventando insostenibile, non accenna a placarsi...anzi...Perchè? Forse basterebbe inasprire le pene e un uomo ci penserebbe più volte prima di porre fine alla vita di una donna o violentarla? No, non credo che basti solo questo. Questi assassini si sentono legittimati ad infierire con ferocia contro la donna, non gliene importa più di tanto di ciò che vanno a commettere, non mi sembra esprimano sensi di colpa e nemmeno un sentimento di pentimento, anzi, interrogati dai criminologi, ritengono di aver agito secondo ragione. Dopo l'omicidio, ci tengono a comunicare la rabbia nei confronti della donna che ha osato sfidare il loro potere maschile...In effetti...se ci pensiamo bene...come hanno osato umiliarli pubblicamente? Come sono potute sfuggire al loro controllo, sottrarsi alla sudditanza della quale erano costrette? Rimangono fermi sul tema del: “Io te la faccio pagare, ti uccido e non solo... uccido anche i tuoi figli così ti condanno ad un'angoscia infinita”. “Di te non deve restare niente, siccome non sei più mia, non devi essere più di nessun altro” Allora ecco che sfregiano volti, buttano acido sui corpi, le bruciano.... “Così ora finalmente capirai qui chi è che comanda”! Eseguono questi reati con estrema lucidità, nella maggior parte di loro non c'è traccia di psicopatologia!. Coloro che hanno una struttura di personalità narcisistica si suicidano, è vero, ma pongono fine alla loro vita non perchè angosciati da rimorso ma perchè, in questo modo, riescono a sottrarsi allo scenario della vergogna, al giudizio critico degli altri. Esiste un contorno sociale, esistono i cosiddetti stereotipi di genere che preparano l'uomo a sentirsi “giustificato” ad infierire sulla donna. Gli stereotipi di genere sono schemi granitici, scorciatoie mentali, semplificazioni grossolane della realtà che i bambini interiorizzano dai primissimi anni di vita e si annidano prima di tutto nell'ambiente familiare. I ruoli, le aspettative in base al fatto che uno nasca maschio o femmina sono ancora oggi i complici più dannosi di questi assassini. Alcuni stereotipi di genere più comuni: l'uomo è superiore alla donna, la donna senza l'uomo non può vivere, se la donna non mette al mondo figli ha qualcosa che non va etc etc. Come se fosse scontato che la donna abbia due principali funzioni da svolgere nella nostra società: prendersi cura di qualcuno, fare la badante al marito, ai figli, essere utile insomma e soddisfare esigenze di tipo sessuale. Molte donne hanno costruito intere esistenze pensando di non poter avere altro e soprattutto di non poter essere altro ovvero diventare una sorta di assistente di una figura maschile che può essere il marito, il padre, l'amante, rinunciando alla realizzazione di se stesse. Ciò che siamo, ciò che diventiamo non sono solo il prodotto del nostro percorso personale ma dipende anche dall'interiorizzazione di questi stereotipi culturali che poi inevitabilmente, si possono trasformare in pregiudizi. E' più semplice ragionare per stereotipi e pregiudizi invece di sforzarsi di ragionare con la propria testa ed elaborare concetti critici. Noi esseri umani siamo portati a spendere meno energia cognitiva possibile per non fare fatica, cerchiamo in tutti i modi di allontanare le difficoltà, la frustrazione, l'impegno. Deve essere tutto facile, tutto subito e guai a chi osa costruire dei percorsi un po' più complessi. Chi non si fa domande, chi non allena la propria mente a mettere in discussione ciò che lo circonda, diventa un soggetto fortemente manipolabile. E' importante educare i giovani a saper osservare e leggere la vita da varie prospettive, con spirito critico. I primi tre anni della vita di un bambino sono fondamentali e quello che lui osserva e sperimenta, le informazioni, i modelli stanno a rappresentare proprio come funziona il mondo e come funziona la mente degli altri. Da bambina mi capitava spesso di desiderare alcuni giochi di mio fratello, per esempio adoravo il fortino con gli indiani e i cowboys oppure mi divertiva tantissimo il trenino che si montava e che poi correva su una pista ferroviaria alimentata dall'energia elettrica. Era interessantissimo montare i pezzi della locomotiva. Perchè a me regalavano sempre cicco bello, l'aspirapolvere che andava a batteria, il ferro da stiro, le tazzine per il tè e il dolce forno e a mio fratello invece il gioco dell'oca e il piccolo chimico? Ho amato tantissimo il dolce forno ma ero affascinata anche dai Lego di mio fratello con i quali costruiva case, ponti e trattori. Gli stereotipi di genere preparano i bambini e le bambine a quello che sarà il loro futuro ruolo nella società. Per i maschietti via libera ai giochi intelligenti che stimolano l'affermazione di sé, aumentano la fiducia in se stessi, alle bambine vengono donati giochi utili, quelli che stimolano la cura dell'altro. Colleghe specializzate in età evolutiva mi raccontano che verso i 6 anni, la maggior parte delle bambine modificano la loro percezione di sé. Ad un certo punto sentono di essere di meno dei maschietti, di non poter competere con i compagni di classe e introiettano quella strana sensazione di inadeguatezza che purtroppo si porteranno dietro tutta la vita. Sono tantissime le donne che coltivano dentro di sé bassa autostima, insicurezza, quel sentirsi “sbagliate”. E se la vita le conduce a non realizzare ciò che gli stereotipi di genere hanno preparato per loro cioè il prendersi cura di qualcuno e mettere al primo posto gli altri rispetto a se stesse, ecco che questi sentimenti di inadeguatezza rischiano di amplificarsi trasformandosi in ansia, sensi di colpa, depressione, disturbi del comportamento alimentare etc. Ogni volta che una donna ha il coraggio di dedicare il tempo ai propri progetti, alle proprie passioni, il più delle volte si sente dire che è un'egoista!. Quando le donne non denunciano la violenza, quando non si attivano per proteggersi è perchè non desiderano che i figli perdano il proprio padre, perchè sperano che il loro compagno possa migliorare, guarire. In realtà sono solo abituate a sopportare, a perdonare, a rinunciare alla propria libertà e perciò lui che le picchia si trasforma in: “lui mi picchia perchè ha bevuto altrimenti non mi picchierebbe”! Ci sono molti dirigenti scolastici che invitano le alunne a non indossare la minigonna per non “provocare” i professori maschi e i compagni di classe in piena tempesta ormonale. Incoraggiare le ragazze a non mettersi la minigonna, in questo caso, non è dettato dall' invogliarle ad avere maggiore cura di sé e rispetto di per se stesse, ma a colpevolizzarle poichè responsabili di una possibile violenza...il famoso: “Te la sei cercata”!. E mi vengono i brividi e mi sale una forte rabbia quando mi capita di ascoltare queste sciocchezze! Generalmente le donne vittime di violenza sono profondamente convinte che senza un uomo non possano vivere. Le bambine devono pensarsi libere e soprattutto autonome! Hanno bisogno di essere incoraggiate a fare scelte dettate dalla passione, dal coraggio, da ciò che desiderano veramente. Le favole di Cenerentola, Biancaneve, La bella addormentata nel bosco lasciatele tra le cianfrusaglie in cantina, non leggetele alle vostre figlie! Le bimbe sono portate ad identificarsi con queste eroine fasulle che si risvegliano e che hanno una vita felice e ricca solo se vengono salvate da un principe azzurro con il cavallo bianco. Sostituiamo queste favole con altri racconti per esempio quello di “The Brave, La Ribelle” dove la principessa Merida tira con l'arco e combatte da sola, con grande passione, per raggiungere ciò che più desidera e sogna!



  Dott.ssa Mariacandida Mazzilli








Un quadro di Elisabeth Louise Vigée Le Brun.





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Dott.ssa Mariacandida Mazzilli