Psicologia
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Dott.ssa Mariacandida Mazzilli
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli
Genitori e figli: un pensiero sul rapporto educativo


Il modo di pensare i rapporti interfamiliari si è modificato molto nel tempo. La figura del genitore
come "autorità" è stata progressivamente rimpiazzata, nel migliore dei casi, da quella del genitore
"autorevole". Oggi i bimbi entrano prematuramente in contatto con input difficilmente
"selezionabili", una gran quantità di informazioni e stimoli non sempre appropriati all'età,
provenienti dai nuovi media (si pensi a internet), sempre più difficili da controllare e da "filtrare"
opportunamente. Così i piccoli si affacciano precocemente al mondo degli adulti, con il rischio di
abbandonare troppo presto l'età infantile per immergersi, già intorno ai 10 anni, in una
preadolescenza che può rivelarsi dolorosa. Il bambino ha bisogno invece di avvicinarsi
lentamente e con gradualità alla vita affettiva, e di sviluppare, tappa dopo tappa, una capacità
critica.
Oggi i genitori vivono continuamente sotto stress l'organizzazione della quotidianità: conciliare
lavoro, figli, casa può essere molto complicato, in una continua corsa contro il tempo, al punto
che le ore trascorse con i figli rischiano di essere non solo poche ma, cosa ancora più
importante, di pessima qualità. In mancanza della necessaria serenità si finisce per tendere
all'efficienza, alla perfezione, alla creazione di un'immagine di genitore perfetto che vuole
raggiungere sempre risultati vincenti. E la conseguenza, più o meno inconscia, può essere la
pretesa che anche il figlio si impegni altrettanto a scuola, nello sport, nella competizione in
genere. E' importante che un genitore accetti prima di tutto se stesso, con le proprie imperfezioni,
le proprie emozioni. A quel punto potrà cercare di parlare con i propri figli, spiegare perché è
giusto fare o non fare una certa cosa, cercare di non invadere troppo la realtà scolastica del figlio
ma delegare alla figura del maestro (anche questa non perfetta), osservando un po' da lontano lo
svolgimento dei compiti del figlio, senza drammatizzare un eventuale "errore" quando può
essere un'occasione per imparare e fare esperienza da sé. Importante è anche che i due partner
siano entrambi coinvolti nell'educazione del figlio, creando complicità e un fronte comune con
lui. Il comportamento dei due genitori dovrebbe seguire il più possibile delle linee guida comuni e
condivise, evitando situazioni in cui uno dei due prende decisioni riguardanti il figlio che l'altro
non condividerebbe (nel qual caso passerebbe il messaggio che si sta facendo un qualcosa "di
nascosto", una sorta di complicità di figlio e un genitore "contro" l'altro.) I figli hanno bisogno di
vedere nei genitori forza e coerenza e possono trovarsi in confusione se uno dei due viene
svilito. E' importante decidere cosa permettergli e cosa no e rimanere sempre coerenti,
spiegandone i motivi: solo così sia il figlio che il genitore possono rispettare i rispettivi ruoli.
Ogni tanto certe piccole trasgressioni alla regola da parte dei figli potrebbero essere tollerate un
po' di più (la trasgressione aiuta il bimbo a diventare grande, a rendersi più indipendente e a
realizzare che i genitori non sono onnipotenti). Allo scopo di ottenere obbedienza vanno evitate
tanto la forza quanto la "seduzione" (ricattare o convincere il figlio a fare qualcosa solo per far
piacere al genitore potrebbe innescare un comportamento oppositivo e violento da adolescenti, e
una difficoltà ad accettare le sconfitte). In adolescenza è bene non mettere in discussione le
regole stabilite, anche perché ci penserà il ragazzo a metterle in discussione, ma si può cercare
nello stesso tempo di andargli incontro e negoziare con lui quando possibile, concedergli altre
opportunità per non farlo sentire solo, ma bensì protetto rispetto ai suoi eccessi e alla sua
instabilità. Educare, nel senso di accompagnare il figlio nelle esperienze della sua vita, è un
impegno che si può prendere solo a patto di essere molto "disponibili" ad accogliere i bisogni
dell'altro