Psicologia
Donna
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli

La coppia , un rifugio conflittuale


La coppia è un vero e proprio sistema con delle regole, ogni partner ha una funzione che lo rende frammento indispensabile per l’armonia dell’insieme. Può succedere che l’equilibrio subisca un cambiamento, in questo caso ci sarà una trasformazione compensatoria di altre parti del sistema. Quando, ad esempio, uno dei due coniugi momentaneamente, vive un disagio psichico, l’altro, senza calcoli di alcun genere, comincia a funzionare di più per compensare il cattivo funzionamento del compagno. Esiste, cioè, una certa flessibilità che restituisce un ordine lì dove si era temporaneamente scomposto. Ci sono coppie però dove il meccanismo di super funzionamento di uno o la disfunzione dell’altro si incastrano in ruoli ben definiti, fissi, rigidi, cronicizzando un modus vivendi il più delle volte insoddisfacente e doloroso. Un marito egoista, prepotente, invadente, dominante “si sistema” con una moglie passiva, insicura di sé, dipendente. E’ un gioco delle parti, come direbbe Pirandello, dove gli attori interpretano sempre e solo un unico ruolo…non credo che un artista sarebbe contento di vestire sempre i panni dello stesso personaggio durante tutta la carriera professionale…figuriamoci una persona nella sua vita privata! Ma come si scelgono le parti?  Perché si diventa capobranco o gregari all’interno di una coppia? Chi disegna i personaggi? Una donna, un uomo si incontrano, si innamorano, per qualche istante credono di sentirsi immortali, tutto intorno diventa meraviglioso, irripetibile, inimitabile…una canzone, un libro, un tramonto, una poesia condivisi con la persona amata si stampano dentro e non si scollano più. Ma all’interno di una cornice romantica esistono due persone che trascinano dentro la coppia esperienze di vita, influenze più o meno amare della propria famiglia d’origine, modi personali di decodificare e interpretare il mondo attraverso lenti apprese che decideranno se essere fiduciosi o sospettosi, liberi di amare profondamente l’altro o repressi da paure inconsapevoli che limiteranno la libera uscita dei sentimenti. Il modo di funzionare all’interno di una relazione ha molto a che vedere con il grado di “differenziazione”, di autonomia interna che l’individuo è riuscito a creare nei riguardi della propria famiglia di provenienza. Chi indugia in un legame ancora troppo vincolato al proprio passato, rischia di essere poco autonomo psichicamente e fortemente dipendente dai sentimenti che gli altri provano nei propri confronti. Probabilmente si impegnerebbe di continuo a cercare di conservare intorno a sé relazioni affettive,  preoccupandosi prima di tutto di amare e di essere amato. Chi invece raggiunge una certa “differenziazione” dalle figure genitoriali, padroneggia molte qualità orientate verso se stesso, si mostra sicuro delle proprie opinioni e convinzioni ma flessibile e mai rigido nel modo di ragionare, capace di ascoltare il punto di vista degli altri slegandosi da antiche credenze per accoglierne delle nuove. Si assume totale responsabilità di se stesso, non fa la vittima, si sente libero di impegnarsi nelle relazioni senza aver bisogno di dominare l’altro più debole. Chi ha la fortuna di conoscere persone di questo tipo, può vivere il rapporto non sentendosi mai usato dal partner, può fondersi profondamente con l’altro senza l’angoscia di venirne schiacciato perché  ha la consapevolezza che se per qualche motivo, dovesse finire la storia d’amore,  potrà slegarsi per poi continuare la propria strada autonomamente. Quando in una relazione si rintanano tensioni, chi è meno autonomo internamente viene travolto dall’ondata emotiva, può reagire con sintoni psicosomatici, stati depressivi etc,  a differenza di chi invece, più solido nella sua indipendenza, è meno vulnerabile e meno influenzato dagli stati d’animo dell’altro, durante i dissapori continuerebbe, più o meno serenamente, a portare avanti tutte le sue attività e il rapporto con gli altri. Lasciarsi travolgere significa anche ritenere sempre gli altri responsabili o colpevoli della propria felicità e dei propri insuccessi. Il partner dipendente assume spesso atteggiamenti egoistici ed ostili, chi invece crea un solido rapporto con sé può anche preoccuparsi per l’altro senza aspettarsi nulla in cambio. Quelle intollerabili sensazioni di vuoto che travolgono quando si è soli, quella tendenza a cercare persone ostinatamente per trovare approvazione, confidenza, conforto e compagnia solo con finalità riparativa, possono contribuire alla cattiva riuscita di un rapporto. Per funzionare, una coppia ha bisogno che i due protagonisti si reggano sulle loro gambe e non cerchino un partner come appoggio, per aggrapparsi difensivamente. Non gestire la solitudine può voler dire non sentire di avere una vita propria e quindi non credere di poterla condividere. Non attribuire un giusto valore alla propria esistenza, spinge inevitabilmente a cercare, nei rapporti interpersonali, conferme e rassicurazioni. Il dipendente vivrà in coppia in una posizione subordinata covando ostilità per il coniuge oppure in una posizione di superiorità temendo continuamente di crollare e cadere dal piedistallo. Durante la relazione, ben presto i due protagonisti imparano a conoscere gli argomenti che sono fonte di ansia per l’altro allora, per evitare situazioni di disagio, si finisce per evitare quei temi che provocano malumori e dissapori. Così molti discorsi diventano tabù e sono letteralmente estromessi dalla discussione. Molti sono convinti di evitare di affrontare certi ragionamenti per non turbare l’altro ma in realtà, in questo modo, stanno solo decidendo di chiudere il confronto con l’altro per proteggere il proprio sé dall’ansia presente nell’altra persona. E’ una sorta di salva-vita apparente, un meccanismo automatico che potrebbe apportare solo danni al sistema comunicativo autentico che è indispensabile in una relazione affettuosa. Tenere in piedi un’immagine non realistica di sé, inventarsi castelli di bugie, giocare a schivare bisogni, desideri, conduce la coppia al tracollo. Si è portati a credere che sia il tempo a deteriorare la relazione, per molti l’invecchiamento del partner è intollerabile, è vissuto come una minaccia alla propria integrità psichica (forse costruita su basi fragili e poco nutrienti).In questi casi è facile che la coppia vada incontro alla crisi, inevitabile quindi l’esperienza del tradimento e la separazione. Ma il castello non crolla così per magia, improvvisamente, i due in realtà, senza rendersene conto, avevano tenuto a distanza i sentimenti profondi sin dall’inizio, avevano fatto leva sull’illusoria onnipotenza dell’altro, una recita insomma, una ipocrita condivisione di falsi se stessi. L’idillio d’amore finisce per carenza d’amore e per mancanza di senso di realtà, i partner non si sono mai conosciuti veramente. I rapporti che non diventano solidi, naturalmente, non lo erano dal principio. Quando, con il passare del tempo, il compagno viene riconosciuto ancora come speciale, unico, insostituibile e la gratitudine per le gratificazioni ricevute, il rispetto, la sincerità, l’accettazione dell’altro per quello che è veramente diventano doti indispensabili per stare insieme, allora si che si sta parlando di un amore profondo, di un amore che si cementa con la forza dell’intimità. Chi porta avanti una doppia vita, una moglie, un amante, non ha una relazione in più ma due relazioni svilenti: il rapporto ufficiale sovraccaricato di cose non dette, insofferenze mai affrontate e quello clandestino castrato da limitazioni autoimposte e inquietudini costanti. Non tutti riescono a vivere con serenità l’esperienza della “doppia vita” , scomoda e impegnativa, ci riesce chi è  predisposto all’autocontrollo delle emozioni, alla dissociazione, alla paura di manifestare slanci sul piano affettivo, chi non avverte affatto la pena indotta da due rapporti sospesi. Durante una crisi matrimoniale, è possibile essere attratti da qualcun altro e magari instaurare una relazione parallela, tutto questo “disordine” a volte può servire anche a fare chiarezza dentro di sè ma se la situazione si trascina per mesi o anni, può voler dire che l’adultero prediliga meccanismi un po’ “bizzarri” per chiarirsi le idee e forse non ha intenzione di chiarirsele affatto ma molto probabilmente trovi vantaggio nell’ambiguità creata. E’ vero, rimanere soli è una esperienza difficile, molti preferiscono attorcigliarsi in situazioni insoddisfacenti pur di non fare esperienza di solitudine. Marguerite Yourcenar, un’abile scrittrice francese scrive: “ L’amore è un castigo, ci punisce per non aver saputo stare soli”.

    Dott.essa Mariacandida Mazzilli