Psicologia
Donna
LA VECCHIAIA
Il futuro è nella vecchiaia

La persona anziana vive un conflitto tra i propri desideri, gli istinti e la possibilità sempre più
ridotta di soddisfarli a causa dei tabù della società contemporanea o della condizione del
corpo. L'anziano ha la costante paura di essere indicato come inadeguato. In questa fase di
vita, più che mai, i modelli sociali influiscono ampiamente sulla definizione dell'immagine di se
stessi e sulle scelte da compiere. La sensibilità ai giudizi esterni diventa estrema e si accentua
sempre più col trascorrere degli anni: gli altri rappresentano una sorta di specchio che
rimanda la nostra immagine. La definizione di vecchio deriva dagli altri, prima ancora che da
se stessi. Spesso si tende ad evitare il contatto con le persone anziane. E' proprio la società
che isola l'anziano alimentando le paure, gli stereotipi ed i pregiudizi. Una corretta
educazione, sia a livello sociale, sia individuale, a scopo preventivo, potrebbe aiutare ad
eliminare i pregiudizi che gravano su tale fase di vita, oltre che consentire agli anziani di avere
un loro spazio ed un ruolo socialmente attivo, a seconda delle loro possibilità e dei loro
interessi.
Si potrebbe invitare alla cura sia del proprio fisico, sia della propria mente, ma soprattutto
potrebbe essere utile diffondere l'idea che la vecchiaia è una fase di vita, non
necessariamente legata alla patologia e che rappresenta il naturale proseguimento di ciò che
si era prima.
E' importante la "pensabilità" al cambiamento. La vecchiaia potrebbe essere momento per
coltivare nuovi interessi e passioni, così come per ri-scoprire quelli che, in passato, si erano
accantonati. E' il momento in cui, nonostante le indiscutibili difficoltà, si possono costruire
nuove relazioni amicali o affettive.
La ricerca angosciosa di conferme di sé, del proprio potere di attrazione corporeo e
intellettuale, se finalizzato solo ad esorcizzare il timore del decadimento psicofisico, è
destinato, prima o poi, a fallire invece, se viene inserito in un rapporto affettivo profondo, può
aprire nuovi e stimolanti orizzonti affettivi e di completamento di sé. Il rischio, ancora una
volta, consiste nella disapprovazione sociale. I più giovani hanno difficoltà ad accettare, nella
vita dei propri nonni o dei propri genitori, sessualità e relazioni intense.



L'umore dell'anziano prima di tutto!

La sofferenza più grande dell'anziano si annida nell'umore e nella sua variabilità. L'umore
può essere preparato, motivato, condizionato da un approccio psicologico che affronti le
tematiche depressive e sostenga le difese. Gli anziani hanno bisogno di protezione,
accudimento, presenza affettiva da una parte e dimostrazioni di stima, apprezzamento
dall'altra. Nell'invecchiamento ritornano i bisogni infantili e non è sufficiente offrire
sicurezza nei confronti del timore di essere abbandonati e riproporre testimonianze di
attaccamento ma sono necessari investimenti gratificanti. La negazione e
la regressione sono le difese più semplici dell'anziano, vanno comprese, accettate, viste
nella loro componente positiva. Una azione psicologica è di enorme validità quando cerca
di dare alla personalità una configurazione tale da meglio sopportare le avversità inattese
e le perdite dell'invecchiamento. La "relazione d'aiuto"con il paziente anziano consiste, in
fondo, nell'offrire a un soggetto un "io" ausiliario, che sia tale da poter servire a funzioni
diverse, quali il contenimento dell'ansia, il controllo delle emozioni alienanti e la
restituzione di un senso agli obiettivi. Il supporto psicologico ( che può farsi anche
terapeutico) si traduce, anzitutto, nella possibilità di stabilire con il paziente una relazione
di comprensione empatica che gli offra uno spazio nuovo e sicuro, in cui sentirsi protetto
dalla violenza delle emozioni e rassicurato da ansie e paure. Il nostro mondo interiore è
costituito da oggetti-sé. Il sé è come qualcosa che esiste in quanto organizzazione di
esperienze. Gli anziani hanno un senso di sè che riemerge a tratti, discontinuo. Un luogo
di ascolto potrebbe dare voce ad una parte di sé più stabile. Oggi il male dell'umore, la
depressione si configura non più solo come perdita della gioia di vivere e come
sentimento di tristezza, bensì come una patologia dell'azione, una patologia
dell'insufficienza perché esprime il disagio di un individuo che non è sufficientemente se
stesso.Una vita vissuta inconsapevolmente è priva di senso. Gli anziani sono destinati a
sentirsi esclusi in una società nella quale "si è ciò che si fa" e "se non fai niente sei una
nullità". Facilmente si tagliano fuori i "vecchi" quando non possono sperare in una qualsiasi
occupazione, la perdita di identità che ne consegue, equivale al totale disorientamento, alla
più profonda disperazione. La nostra è una società narcisistica. L'attuale civilizzazione, con
la sua intensificazione dei ritmi, la crescita della concorrenza, stimola l'individualismo e la
visibilità, annienta ogni reciprocità, preferendo l'apparenza. Si diventa intolleranti verso la
debolezza. Conta mostrarsi, essere in forma, ai vertici. Il rischio che si corre è l' inaridimento
della vita interiore. Quelli che non riescono "a farcela in tutto", non possono che essere
depressi. La cura dovrebbe invece mirare ad accettare se stessi, a riflettere sulle
contraddizioni, sulle ferite esistenziali, sulla fatica di vivere.

Dott.ssa Mariacandida Mazzilli
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli