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Psicologia |
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LA VIOLENZA NELLA COPPIA Chi non ha mai vissuto litigi e incomprensioni in una coppia? Aggredire a male parole l'altro solo perché non è d'accordo o addirittura venire alle mani quando la rabbia si fa incontenibile è qualcosa che può anche far parte della vita di coppia, ma poi tutto passa e, a spegnere gli animi che si sono accesi solo in quel momento particolare, sopraggiungono intensi rimorsi e senso di colpa. Lì dove l'aggressione è solo un fenomeno temporaneo e, nonostante il forte conflitto, la relazione conserva parità e simmetria tra i due partner, non si può parlare ancora di violenza. In questi casi infatti viene mantenuta l'identità di ognuno e l'altro viene rispettato come persona. A volte discutere, anche con irruenza, aiuta a riconoscere l'altro e a tenere conto della sua realtà. Lo scenario cambia quando le offese, le reazioni fisicamente violente, diventano un vero e proprio modello di rapporto all'interno del quale vige l'asimmetria: uno dei due partner ripudia l'altro, lo considera un oggetto e si prefigge l'obiettivo di dominarlo e annientarlo. Il malcapitato non può esprimersi, né utilizzare il dialogo, ma viene totalmente negato. Proprio perché tra i due partner esiste un affetto, il dolore e la sofferenza per la violenza subita diventano insostenibili e immobilizzanti. Comunemente, il concetto di violenza è associato all'aggressione fisica in quanto manifestazione visibile, ma non si può parlare di violenza all'interno di una coppia senza considerare anche quella psicologica. Ogni violenza è in primo luogo psicologica. In questo tipo di coppie il più forte ha il potere sul più debole e, possiamo sostenere che, nella nostra cultura, sia soprattutto la donna a ricoprire il ruolo del più debole: gli episodi di violenza di uomini sulle donne sono più numerosi. Con questo non si vuole negare che anche le donne sappiano essere violente, sebbene queste si avvolgano più spesso della violenza psicologica o della manipolazione perversa. Generalmente gli uomini violenti spiegano le loro aggressioni con motivazioni per lo più esterne, come per esempio la gelosia o lo stress, mentre le donne si giustificano con delle motivazioni più interne come l'incapacità del coniuge di amare e di essere amato o la sua difficoltà a comunicare affetto. Vorrei concentrare ora l'attenzione, in modo particolare, sulla violenza subita dalle donne. Minacce, insulti, urla dell'uomo hanno l'obiettivo di trasmettere preoccupazione e insicurezza nella partner e l'intensità e il volume della voce sono necessarie per sottometterla. Le ingiurie sono maggiormente di natura sessuale e, raramente sono espresse in pubblico, si preferisce l'intimità della casa perché in questo modo l'aggressore può conservare una buona immagine di sé. Davanti agli altri, gli insulti acquisiscono un tono ironico, per esempio: "Sei sempre la solita…non hai il senso dell'umorismo, non serve a niente parlare con te, non sei in grado di capire, fatti curare!" Quando ci si deve preoccupare per la violenza all'interno della coppia? Come si fa a distinguere una pressione psicologica da una semplice frase aggressiva detta in un momento di rabbia? Il confine non è ben definito, bisogna cominciare a preoccuparsi prima che si sfoci nella violenza fisica vera e propria: la violenza psicologica è spesso l'anticamera di quella fisica. La vera fatica in un rapporto è creare uno scambio continuo, una reciprocità la cui mancanza determina le condizioni favorevoli per l'esplosione della violenza. Può succedere infatti che uno dei due partner dia tutto e non riceva niente in cambio, come se la bilancia pendesse sempre da una parte. Le violenze invisibili procedono per gradi. In primis c'è il controllo: lentamente uno dei due prende il sopravvento sull'altro, è il trionfo della possessività, si vuole dominare e comandare. Si stabilisce a che ora e cosa si deve mangiare, si impedisce all'altro di intraprendere un lavoro o coltivare una sua passione, si decide la località delle vacanze o le sue amicizie. L'isolamento: l'uomo fa in modo che la partner si allontani a poco a poco dalla sua famiglia, dai suoi amici, così ottiene che la donna finisca per occuparsi solo di lui. Accade spesso che ad un certo punto sia proprio la donna a segregarsi per paura delle pressioni del compagno, si verifica un completo scollamento dalla vita sociale, l'uomo limita tutte le possibilità materiali per comunicare con l'esterno e controlla l'utilizzo di soldi, automobile, telefono. Gli uomini più manipolativi e sadici riescono persino a mettere la propria compagna contro i suoi familiari. L'indifferenza: si ignorano i bisogni e i desideri dell'altro, si alimenta la frustrazione per tenere la donna in uno stato di insicurezza, evitando di parlarle, di ascoltarla, di uscire insieme, di accompagnarla dai suoi, tenendole magari il muso per tanto tempo senza mai dare una motivazione. O ancora non tener conto del suo stato fisico o psichico (pretendere che faccia le pulizie quando ha la febbre o di fare sesso dopo una forte lite). La gelosia patologica: chi è geloso vuole possedere la propria partner totalmente, e non sopporta che la donna sia "altro" da lui. Minacce, interrogatori interminabili, ricerche di prove, estorsione di confessioni, controllo su telefonino ed e-mail…niente deve sfuggire al suo controllo. Non c'è spiegazione ragionevole che possa placare l'ansia del geloso patologico per via della sua incapacità di accettare una realtà insopportabile: che la propria compagna resta "altro" da lui. La denigrazione: la partner non è degna di rispetto e non ha diritto ad un'esistenza propria quindi umiliazioni, mortificazioni sul suo aspetto fisico, sui suoi amici, il suo passato etc. Atti intimidatori e minacce: è una violenza indiretta che ha l'obiettivo di far capire quanto si è forti e cosa si è in grado di fare. Si tratta di gesti come picchiare il cagnolino di casa, sbattere le porte, guidare a tutta velocità oppure minacciare di togliere gli alimenti, portare via i figli o persino di suicidarsi (il che alimenta nella compagna una forte colpevolizzazione). Sottomissione e condizionamento: lentamente la donna smarrisce la sua capacità di vedere distintamente quello che sta accadendo. Non si accorge affatto di subire una violenza fino a quando questa non diventa anche violenza fisica. Si entra in un circolo vizioso dal quale è difficile svincolarsi. Alcune delle vittime che hanno la forza di andarsene e di denunciare il proprio compagno, si ritrovano a tornare indietro sui propri passi, subendo una sorta di plagio, di forte suggestione (proprio come accade nelle sette). L'uomo violento punta alla fragilità emotiva della donna, alle sue emozioni, alla sua vulnerabilità. E' importante che le donne imparino ad individuare i segnali della violenza per trovare in se stesse il coraggio di liberarsi da uno stato di abuso. La sofferenza più grande sta nel rimanere immobili, come paralizzate, senza capire come mai si è portate a voler rimanere in una situazione che non può essere tollerata. Molte donne finiscono per credere che sia normale essere punite, anzi riescono addirittura a convincersi che la violenza faccia parte delle cose "poco piacevoli" ma inevitabili nella vita. Imparano a controllare la paura e arrivano alla conclusione che gli uomini siano un pericolo dal quale è indispensabile difendersi. Da piccole sono educate ad aspirare al "principe azzurro", ma contemporaneamente a diffidare di tutti gli uomini. Da adulte non saranno in grado di fidarsi di ciò che provano e, nel momento in cui subiscono una violenza, non sono sicure di percepire oggettivamente la realtà anzi non parlano dell'abuso, temendo di essere schernite o perfino considerate colpevoli. La nostra cultura quindi confeziona un ruolo femminile attribuendogli fragilità, dipendenza, emotività e spinge la donna a richiedere e desiderare la protezione dell'uomo. Di fronte alla opportunità di una separazione è molto facile che la donna scelga di restare con il proprio compagno nonostante le continue aggressioni nell'intimità della sua casa. Perché molte donne, colte, intelligenti, indipendenti economicamente e professionalmente soddisfatte, tollerano la violenza domestica? Da sempre la donna ha nascosto i propri desideri e i propri bisogni per modellarsi con quelle che erano le aspettative della società e inoltre, ha sempre fatto fatica a costruire la propria identità professionale. Essere "femminili" vuol dire essere, amorevoli, sensibili e docili, quindi fragili e dipendenti, belle fisicamente ma non eccessivamente altrimenti si potrebbe mostrarsi seducenti e, se l'uomo diventa violento, si potrebbe essere accusate di averlo provocato. La cultura tramanda che, per tenersi un uomo, è indispensabile ostentare dedizione e dipendenza, concetto questo non tanto lontano da quello che si impara da bambine che, per conquistare l'affetto dei genitori, ci si deve mostrare brave nelle faccende di casa, coscienziose e assecondare la felicità degli altri a discapito della propria. Paura di essere abbandonate, bisogno di appartenenza, grande senso di colpa per la rivalità con gli uomini, sfiducia in sé e vergogna ostacolano queste donne, dissuadendole dal denunciare gli abusi e svelare i propri vissuti. Purtroppo, ancora oggi, la società tende a scaricare sulle mogli la responsabilità della riuscita del matrimonio e troppo spesso, se il partner degenera nella violenza, sono proprio loro, quelle donne vittime di aggressioni, a sentirsi fallite per non aver saputo accontentare il marito, rendendolo felice e costruendo una famiglia serena. Gli uomini violenti sono bravi a solleticare l'indole protettiva della donna: raccontano di essere stati vittima di una infanzia infelice o di un divorzio doloroso, o di rapporti lavorativi deludenti e svilenti. E' una sorta di seduzione che ha l'obiettivo di incantare l'altra, di immobilizzarla e, successivamente, di dominarla privandola di un'esistenza propria attraverso atti intimidatori. E può quindi succedere che, di fronte alla violenza, la donna protegga il coniuge, lo giustifichi per il suo comportamento, convincendosi che se lui è così è perché ha sofferto troppo, è troppo solo o ha tante preoccupazioni. Ci si incastra in un "imbroglio psicologico" e non si ha più la forza di capire e di venirne fuori. E' difficile rompere il silenzio e mettere in luce la realtà del proprio rapporto coniugale anche se sarebbe il primo passo fondamentale per una via di uscita. La lotta più grande che possono fare le donne oggi non è tanto aumentare la spaccatura tra i sessi o lottare per essere come gli uomini, ma interrompere quelle tradizioni culturali che mettono al primo posto il sacrificio femminile e quella tanto sbagliata convinzione che nel mondo esista chi comanda e chi subisce. Evitare di educare i figli maschi come unici portatori di potere e di superiorità e rispettare le bimbe, ponendo un freno a stereotipi che incatenano entrambi i sessi. |
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli |
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli |